Troppo caldo per visitare le città d’Arte toscane? Troppo affollate le spiagge della costa e dell’arcipelago toscano? A caccia di tranquillità e di una frescura tipica dell’alta montagna, Camaldoli e le sue foreste si scoprono quasi per caso.
Alle spalle di Arezzo, oltrepassate le colline aretine in direzione di Bibbiena si inizia a salire in quota e a 1000 metri di altitudine ci si trova immersi nelle Foreste del Casentino; alberi ad alto fusto, fiumi e laghetti ti accolgono e ti presentano una Toscana che non ti aspetti.
Ci si ritrova improvvisamente sull’Appennino Tosco-Emiliano, a 800 metri di altitudine. Dal 1991 Le Foreste Casentinesi sono Parco Nazionale e di questa meraviglia, frutto del lavoro della Natura e dell’Uomo, fanno parte il Monastero e l’Eremo di Camaldoli che costituiscono la Casa Madre della Congregazione Camaldolese dell’Ordine di San Benedetto.
L’Eremo di Camaldoli risale all’anno 1000 quando il monaco Romualdo di Ravenna, ricevuto in dono dall’allora vescovo di Arezzo un appezzamento di terreno, fondò qui il complesso che possiamo ammirare oggi.
In origine cinque celle eremitiche ed una chiesa; seguirono una Famacia ed un Ospizio. Vi si insediò una piccola Comunità di monaci ed un priore con un’unica regola: la Regola di San Benedetto fondata sull’ospitalità, il silenzio, la preghiera e il digiuno.
I monaci di Camaldoli furono da subito custodi e promotori della loro Foresta, tanto che a partire dal XVI secolo venne istituito il primo “Codice Forestale” italiano, antica sapienza ecologica tramandata nei secoli. Oggi passeggiando tra questi boschi si rimane abbagliati dalla luce del sole che filtra tra un abete e l’altro; sono a migliaia e altissimi.
Nel corso del 1500 i monaci fecero piantare fino a cinquemila alberi all’anno; a metà del 1800 arrivarono nella foresta Camaldolese 60.000 abetini. Il risultato di quell’antico tributo alla Natura e al Creatore, che un tempo suggellava una sorta di elevazione dello spirito, lo si può ammirare oggi in tutto il suo splendore capace di restituire un profondo senso di pace e serenità interiore.

Il Monastero di Camaldoli, con la sua foresteria (XI-XVIII secolo), è luogo di ospitalità e accoglienza, arricchimento spirituale per ospiti e comunità monastica. Il complesso è costituito dal Monastero, la Chiesa, la Foresteria e l’Antica Farmacia.
Dalle scale di ingresso della Foresteria si può ammirare in alto sulla parete frontale una imponente scultura monumentale policroma che raffigura S. Romualdo nella foresta casentinese, opera dell’artista Angelo Biancini risalente alla seconda metà del 1900.
Una volta entrati ci si ritrova nel chiostro di Maldolo, il cui antico nome era “Chiostro degli Speziali”; risale al XII-XIII secolo e costituisce la parte medievale del complesso. Il perimetro disegna archi e colonne sopra le quali si snodano le celle dei monaci; la luce filtra in cortile e trasforma lo spazio in un gioco chiaroscurale di luci e ombre.

Gli spazi interni sono sobri e semplici, delineati da pareti in pietra viva e volte a botte. Si respira il manierismo toscano che trionfa in tutta la sua essenzialità, dove gli elementi funzionali convivono con quelli decorativi del XVII e XVIII secolo. Tele di grande valore sono presenti all’interno del Monastero: la tela del refettorio dipinta dal Pomarancio nel 1611 e quelle del pulpito dipinte da Lorenzo Lippi a metà del 1600.

Anche la Chiesa, distrutta da un incendio nel 1203, riscostruita nel XIII secolo e completamente ristrutturata nel XVIII secolo, presenta capolavori dall’intenso cromatismo come le sette tavole dipinte da Giorgio Vasari presenti nell’altare maggiore e nelle cappelle accanto al presbiterio.

Percorrendo i tre chilometri che separano l’Eremo dal Monastero, tra boschi e radure di abeti secolari, si possono ammirare piccole cappelle in pietra. La prima salendo è la Cappella della Madonna della Neve del XV secolo che presenta un arco romanico di pregio. La più antica Cappella di S. Romualdo celebra la vittoria del Santo contro il demonio; accanto una pietra che la tradizione identifica con l’impronta di una mano e dei piedi del Santo.

Il Sacro Eremo e la sua Comunità monastica offrono ospitalità a gruppi di 10 persone al massimo per condividere la vita contemplativa fatta di silenzio e di preghiera. All’ingresso dell’Eremo “Porta Speciosa”; porta bronzea, austera, sobria ma solenne. Opera del pittore e scultore Claudio Parmiggiani presenta all’esterno un battente della Vita ed uno della Morte, ricchi di simboli eremitici ed evangelici.
Un teschio, il cranio di un caprone, il tronco di un albero scavato, una pietra cimiteriale, lumachine e scarabei, gufi e passeri, una campana; simboli di morte ma anche di resurrezione e ascesa verso il Paradiso. Nella parte interna la porta è suddivisa in sei formelle che narrano le virtù della vita solitaria e si presentano con scritte a caratteri d’oro di piccole dimensioni.

All’interno dell’Eremo il sagrato è in pietra e conduce alle venti celle eremitiche disposte su cinque file oltre il cancello di clausura; tra queste la cella di San Romualdo risalente al XVI-XVII secolo e la cella di San Francesco d’Assisi che soggiornò qui.
Spazi minuscoli, piccole stanze buie e chiuse, completamente isolate dal mondo esterno; solo una inferriata e una porticina di legno. Si sbircia ad ogni angolo cercando qualcosa ma non si sa cosa. Forse quella spiritualità che si respira in questo luogo, dove ti guardi intorno in un insolito silenzio e non vedi nessuno ma ti senti come osservato da qualcosa che non riesci ad afferrare.
La “domuncula”, la piccola abitazione del monaco eremita, ha un giardino indipendente, un “ambulacrum” ovvero un corridoio di accesso, il “cubiculum”, il “museum” e l’”oratorium”. La foresteria, l’edificio adibito all’accoglienza dei pellegrini, è una costruzione sobria e luminosa.

La chiesa del complesso consacrata nel 1027 era in origine un oratorio in stile romanico; restauri e profonde trasformazioni si susseguirono nei secoli. L’attuale facciata risalente al 1713 presenta statue di Cristo, di S. Benedetto e di S. Romualdo posizionate in nicchie aperte. All’interno un transetto con il soffitto a volte risalente al 1659 e decorato con stucchi allegorici, pale di scuola toscana e affreschi del XIII secolo.
La cappella di S. Antonio Abate presenta uno stupefacente altorilievo in terracotta invetriata policroma di Andrea della Robbia: “La Vergine e il Bambino con i Santi” commissionata dal priore di Camaldoli alla fine del 1400; ai lati affreschi del primo ‘900 di Adolfo Rollo, tra i primi esempi di liberty italiano all’interno di un luogo sacro.

Il Complesso Monastico di Camaldoli offre un ricco calendario annuale di appuntamenti, approfondimenti culturali e di dialogo, momenti di ritiro spirituale. Con i monaci camaldolesi si parla di meditazione, psicoanalisi, amore, di temi come la fiducia e l’amicizia. Molte sono le persone che soggiornano in questi luoghi per ritrovare se stessi o per rielaborare un dolore profondo.
Due passi in una foresta millenaria e la curiosità di oltrepassare “Porta Speciosa” si sono trasformati in un’esperienza davvero unica; Camaldoli ha molto da offrire a chi lo sa cercare.
Sabrina Malatesta
Per informazioni e prenotazioni:
Sacro Eremo di Camaldoli – Camaldoli (AR) Tel. 0575556021 / 0575556044
www.camaldoli.it / www.camaldolicultura.it
Monastero di Camaldoli: tel. 0575556012 monastero@camaldoli.it
Foresteria del Monastero di Camaldoli: Tel. 0575556013 foresteria@camaldoli.it
Antica Farmacia del Monastero di Camaldoli: Tel. 0575556143 farmacia@camaldoli.it